questa Scrittura
Dipinto che raffigura S. Luca
I primi quattro versetti (Lc 1,1-4) costituiscono il Prologo del Vangelo di Luca, preoccupato
che i suoi lettori sappiano che ciò che scriverà nel corso della sua opera non
è frutto di fantasia, ma di una precisa ricerca. Il suo Vangelo si rivolge ai
cristiani della terza generazione che provengono dal paganesimo e potrebbero
domandarsi come sia possibile parlare di un uomo (Gesù) del quale non ci sono
più testimoni diretti.
Desidera assicurarli che se anche lui (Luca) si è deciso a
scrivere per ordine “gli avvenimenti che
si sono compiuti in mezzo a noi”, ossia in questa storia, “come ce li hanno trasmessi coloro che ne
furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola”,
lo ha fatto solo dopo “ricerche accurate su ogni circostanza,
fin dagli inizi”. Lo confida all’illustre Teofilo, il quale, più che una persona concreta,
chiamandosi “Amato da Dio” (Theófilos),
è l’immagine di ogni lettore invitato a riconoscersi così.
Ogni Teofilo, cioè, ogni
“amato da Dio”, deve esserne sicuro fin dall’inizio. Ciò che leggerà nel
Vangelo, è molto solido e lo confermerà nella certezza di essere amato da Dio. Da
quel Prologo, il Vangelo di questa
domenica – lasciando i tre primi capitoli che hanno illustrato il periodo
natalizio – salta al quarto, per parlare di Gesù che, dopo aver iniziato il suo
ministero pubblico, torna per la prima volta a Nazaret.
Inizialmente non si parla della reazione negativa dei suoi compaesani, ma solo che non volevano ascoltarlo perché, per loro, era solo “il figlio di Giuseppe” (vv. 22-30). Per il momento si tratta solo dell’annuncio della sua missione messianica per mezzo di alcune parole profetiche di Isaia. Infatti, Gesù non torna a Nazaret come molte volte sarà tornato negli anni passati. Questa volta “ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito” che era disceso sopra di Lui nel Giordano. Con la stessa forza, nel deserto, aveva affrontato il tentatore e, ora, stava percorrendo tutta la regione della Galilea insegnando nelle sinagoghe, dove tutti, per il momento, lo lodavano.
Ma il suo vero obiettivo per iniziare la sua missione era il suo
popolo che, in quell’occasione, rappresenta
tutta l’umanità. Per capirlo bene possiamo ricordarci come lo dirà esplicitamente
Giovanni nel suo Vangelo: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto” (Gv 1,11). “Venne a
Nazaret, dove era cresciuto”, scrive Luca e, “secondo il suo
solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere”.
“Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo” che voleva leggere. Il rotolo che
gli consegnarono, chiunque poteva svolgerlo, ed è ciò che fece lo stesso Gesù
per poter leggere il passaggio scelto. Quel gesto, tuttavia, per il cristiano
che conosce tutto il Nuovo Testamento è molto più di un semplice svolgere
materiale. Non si può non pensare, infatti, alla scena del capitolo cinque del
libro dell’Apocalisse, dove compare un rotolo scritto all’interno e all’esterno
che solo l’Agnello di Dio (Gesù Cristo) può aprire. Vale la pena di rileggerlo:
E vidi, nella mano destra di
Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello
esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un angelo forte che proclamava a
gran voce: "Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?".
Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il
libro e di guardarlo. Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di
aprire il libro e di guardarlo. Uno degli anziani mi disse: "Non piangere;
ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il
libro e i suoi sette sigilli". Poi vidi, in mezzo al
trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani, un Agnello, in
piedi […] Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. E
quando l'ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si
prostrarono davanti all'Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d'oro colme
di profumi, che sono le preghiere dei santi, e cantavano un canto nuovo:
"Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché
sei stato immolato e hai riscattato per Dio,
con il tuo sangue, uomini di ogni tribù,
lingua, popolo e nazione” […].
Nell’Apocalisse la scena è molto più solenne che a Nazaret. Il “libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli” è il libro dei segreti divini che si riferiscono al destino del mondo, e l’Agnello, morto e risorto, è colui che, dando la vita per la salvezza di tutti, ha dato senso a ogni cosa. Il rotolo letto nella sinagoga di Nazaret contiene, tuttavia, la profezia di ciò che sta per essere manifestato da Gesù.
“Lo Spirito del Signore è sopra di me”, si mise a leggere Gesù, “per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a
rimettere in libertà gli oppressi, a
proclamare l'anno di grazia del Signore”. Per essere precisi, bisogna dire che Luca
unifica due testi distinti di Isaia (61,1-2 e 58,6) ma la cosa più importante è
che, dal primo testo, omette le parole dure (il
giorno di vendetta del nostro Dio), per limitarsi a
“l'anno di grazia del Signore”, e riassumere così tutte le opere di
bene che presto accadranno per mezzo di Lui.
È a sé stesso, infatti, che Gesù applica quelle parole, una volta
che, avvolto e riconsegnato il libro
all’incaricato, si è seduto. Solo il modo di leggere e di sedersi dovette sembrare
particolare, dato che tutti tenevano “gli occhi fissi su di lui”. Sembrava che
avessero capito che doveva rivelare qualcosa di importante, come, infatti,
avvenne. “Oggi” – cominciò a dire – “si è compiuta questa Scrittura che voi
avete ascoltato”.
La parola chiave è questa. A differenza di tutti gli altri
maestri, Gesù non commenta le promesse, ma le realizza (“Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete
ascoltato”). Egli stesso è la spiegazione e la buona notizia. Ma attenzione! Le promesse si compiono, perché Lui
le compie, ma affinché questo compimento possa essere percepito da noi è
necessario che suoni chiaro alle nostre orecchie. Solo un ascolto attento ci
rende contemporanei dell’anno di grazia che il Figlio di Dio è venuto a
inaugurare sulla terra. Bisogna, cioè, avere orecchie attente e occhi desti
nella fede e nella preghiera.