MEDITAZIONE
Per non sbagliarci né spaventarci davanti queste strane beatitudini che solo i grandi Santi hanno capito e praticato senza paura, bisogna capire bene due cose. La prima è che Gesù le propone unicamente ai suoi discepoli e, la seconda, che si deve sapere cosa significa essere i suoi discepoli. Una cosa, la prima, che emerge dall’ambientazione del discorso da parte dei due evangelisti, Matteo e Luca, che lo raccontano. “Vista la folla", scrive Matteo, "Gesù salì sul monte e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo, allora, la parola li ammaestrava, dicendo: […]” (Mt 5,1-12). Alzando gli occhi verso i suoi "discepoli", scrive, da parte sua, Luca, “diceva loro ": Beati voi poveri […] (Lc 6,20-26). Come si può vedere, in entrambi i testi è chiaro che l'interlocutore di Gesù non è chiunque, bensì solo il gruppo dei suoi discepoli. Sia nel racconto di Matteo che in quello di Luca, Gesù parla dopo aver visto le moltitudini ed in considerazione di esse, ma il suo insegnamento rivoluzionario, è per i discepoli. In altre parole, parla a quelli che lo stanno seguendo da vicino e, una volta illuminati dallo Spirito, potranno capirlo. Ritorniamo, però, al testo di Matteo: “Alla vista delle folle – scrive l’evangelista - Gesù salì sul monte e, come si fu seduto, si accostarono a lui i suoi discepoli. Allora aprì la sua bocca per ammaestrarli dicendo: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati a causa della giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male a causa mia, rallegratevi ed esultate, poiché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così, del resto, perseguitarono i profeti che furono prima di voi”. La folla, rappresentante di tutta l’umanità, è presente e costituisce indubbiamente la preoccupazione di Gesù venuto per tutti. Tuttavia, secondo l'esplicita annotazione di entrambi gli evangelisti - per il momento - il Maestro dirige il suo insegnamento solo ai discepoli. Questo dettaglio è molto importante, non perché il Vangelo e, in questo caso, le beatitudini, siano solo per alcuni saggi privilegiati. La gratitudine che Gesù manifesta al Padre in un'altra occasione per avere nascosto le cose del Regno ai sapienti e gli intelligenti, per rivelarle ai semplici (Mt 11,26), verrebbe a smentirlo categoricamente. La ragione non è questa, ma la seguente. Gesù insegna le beatitudini solo ai "discepoli", perché solo come tali, conoscendo realmente Gesù, sono e saranno, capaci di capire quello che Egli dimostra con la sua stessa vita. Non perché sono più intelligenti di altri, ma solo perché, una volta percorso tutta la strada dietro Gesù, capiranno perfino quel discorso tanto speciale della montagna. Lo capiranno quando, guidati per lo Spirito, si renderanno conto che Gesù aveva accettato di morire, non per debolezza, ma per l’amore che gli chiedeva di farsi togliere la vita, per non toglierla a nessuno. Anzi, affinché tutti possano avere vita per sempre. Capiranno che il mite è Lui, Lui quello che aveva pianto per tutti, Lui il perseguitato, Lui il povero… Neppure loro, l'avevano capito, quel giorno e, pieni di paura, si erano nascosti, quando Gesù era stato arrestato e condannato a morte. Se non si fosse loro manifestato vivo, lo avrebbero dimenticato sicuramente, pensando di essersi sbagliati a sperare che fosse il messia. Diciamo questo, non per condannarli, dato che lo avremmo pensato anche noi. Quando, tuttavia, lo videro di nuovo vivo, e lo Spirito Santo li illuminò, allora, sì, cominciarono a capire. Capirono e diventarono anche loro miti, poveri, capaci di sopportare il dolore e perfino la persecuzione. Non per spirito di mortificazione, bensì per amore agli altri, come Gesù aveva mostrato loro. Come veri discepoli del loro Maestro, iniziarono ad assimilare, quello che, sulla cima del monte, era sembrato loro troppo. In effetti, per capire le beatitudini, è necessario ritornare sempre a Gesù, ossia - come insegnava Teresa di Avila alle sue figlie carmelitane e a tutti - è necessario tenere lo sguardo fisso sul crocifisso. Padre Bruno Moriconi OCD |