29 gennaio
Domenica IV del Tempo
Ordinario
Gesù viene a
rendere felice la gente. Desidera solo la nostra felicità, Sa che la felicità è
oggetto di quotidiana ricerca. Vogliamo
essere felici per davvero, pienamente e sempre. Se non ci parlasse di felicità
non lo staremmo neanche a sentire, non ci riguarda. La felicità non è una cosa
brutta o di cui vergognarci. Tutto in noi grida felicità e amore, perché un
nodo li unisce indissolubilmente. Dunque si può essere felici, ma uno non se la
dà da solo, sboccia in lui come un fiore a primavera, come il sole che sorge al
mattino, come una lama di luce che trafigge il cuore.
Al popolo
che pende dalle sue labbra, Gesù, nuovo legislatore, dice: beati! E’ il suo insegnamento più solenne. Seduto in cattedra sul
monte della rivelazione con forza annuncia il vangelo della gioia ai poveri.
Esiste una felicità:
- per i poveri, che le ricchezze non le comprano, ma sono già i ricchi cittadini del regno,
- per quelli che piangono perché al salino delle lacrime segue il gusto dolce della consolazione,
- per i miti che senza conquistarla la terra, la riceveranno in eredità,
- per chi si nutre di giustizia e non sentirà mai più i morsi della fame,
- per i miseri che staranno di fronte al misericordioso, senza essere condannati,
- per i puri il cui sguardo scorgerà i lineamenti belli di Dio,
- per chi edifica la pace ogni momento e si scoprirà divenuto un figlio di Dio,
- per i perseguitati, gli eroi più grandi del regno dei cieli.
Per Gesù la
gioia e il regno camminano insieme. Si tratta del regno dei poveri, dei piccoli
e degli umili del Vangelo, estranei alle potenze e agli interessi del mondo. La
chiesa non si lasci sedurre dalle luci che non vengono dal Cristo, ma sia chiesa povera per i poveri, come ricorda
instancabile Papa Francesco.
Il profeta Sofonia, secoli prima di Cristo,
già non aveva dubbi quando gridava: cercate
il Signore voi tutti poveri della terra, cercate la giustizia, cercate
l’umiltà. Il segreto è confidare nel nome del Signore. In questa domenica
cantiamolo con tutto il cuore: io confido in te o Signore e non resterò deluso.
Ai cristiani
di Corinto l’apostolo Paolo ricorda la loro chiamata. Dio sceglie ciò che nel
mondo è ritenuto stolto, debole, ignobile e disprezzato perché nessuno possa
vantarsi davanti a Dio, e per divenire sapienti in Cristo Gesù unico santificatore
e redentore.
Rallegriamoci
ed esultiamo: un cristiano triste, o un santo triste non rientrano nei
parametri del vangelo, che per definizione significa buona notizia, annuncio ai
poveri: beati i poveri in spirito e i poveri semplicemente. I poveri, portinai
del Regno, perché non bisogna dimenticare che saranno proprio loro a
spalancarle a tutti gli operatori di carità e misericordia.
P. Federico ocd di Loano