III DOMENICA DI AVVENTO
Is.
35,1-6a.10; Sl 145; Gc. 5,7-10; Mt.11,2-11
La liturgia domenicale ci propone la persona di san Giovanni il
Battista: con veemenza domenica scorsa annunciava la venuta del Messia, oggi
sembra però perdere di lucidità e fermezza: egli infatti appare smarrito e
pieno di dubbi. E’ questo suo atteggiamento che ci immette nel clima
dell’Avvento e ci aiuta a viverlo come tempo forte di attesa.
Nella prima lettura il profeta Isaia
parla a gente sfiduciata. Anche se l’esilio è finito e il popolo è finalmente
libero non tutti gioiscono. La via del ritorno è lunga e difficoltosa, sembrano
venir meno la forza e il coraggio. Allora Isaia annuncia una decisiva
inversione di rotta: il deserto e la steppa si trasformano e fioriscono fino a
raggiungere “ la gloria del Libano e lo splendore del Carmelo e di Saron
”. Addirittura egli annuncia che la strada impervia diventa “via santa”.
Ed ecco che un sentimento prevale su tutti: la gioia; alla “ tristezza e
pianto ” succedono “ giubilo ” e “ felicità ”.
Anche san Giacomo, nella seconda
lettura, formula l’invito ad attendere il Signore con viva speranza. E
propone ad ognuno dei credenti come modello di pazienza e di impegno personale
la figura del contadino, il quale semina e attende pazientemente i frutti,
evitando di lamentarsi e cercando di migliorare i rapporti umani.
Nel Vangelo, l’evangelista Matteo,
narra della situazione critica nella quale viene a trovarsi il Precursore,
quando Gesù aveva iniziato il suo ministero pubblico. Infatti Giovanni si trova
in carcere; a ciò si aggiunge il fatto che Gesù appaia ben diverso da quello
che lui aveva annunziato.
Giovanni è un uomo rigido, pensa ad un Messia
Giudice, profetizza con un linguaggio quasi violento, non fa sconti a nessuno,
ed ora viene a sapere che Gesù mostra una preferenza per i peccatori, accoglie
esattori delle tasse e prostitute. Per
questo manda una delegazione da Gesù per avere una parola che lo conforti e lo
illumini, manifestando così non solo di essere un uomo forte, sicuro di sé, ma
anche un uomo in ricerca, pronto a rimettersi in gioco, desideroso ancora di
approfondire la conoscenza di Gesù. Il nuovo Rabbì, richiamando il proprio
operato a favore delle varie categorie di malati gli fa capire che in Lui si
stanno realizzando le antiche profezie. E termina elogiando la persona del
Battista, fino a definirlo “il più grande tra i nati da donna”, e conclude
affermando che, con l’avvento del Regno, anche “i più piccoli” che decideranno
di accogliere il Messia “saranno più grandi di lui”.
E’ bello notare come Gesù non cerca di farsi
accettare a tutti i costi e fa che ognuno possa liberamente compiere un cammino
personale di accoglienza della sua identità.
Egli è anche il Giudice della storia, ma
offre a tutti comprensione ed amore nella speranza di salvare tutti.
E Giovanni resterà fedele a Gesù sino alla
fine. La sua morte sarà infatti l’atto supremo di questa fedeltà. I dubbi
iniziali hanno favorito una nuova scoperta dell’identità di Gesù, hanno
permesso di rimettersi in discussione e di annodare vincoli più stretti di
amore con Lui.
Il Natale si avvicina e allora accogliamo
l’invito di Paolo: “Gioite nel Signore sempre ” (Fil.4,4). Tale invito è
motivato dalla certezza di un nuovo intervento di Dio nella nostra
storia personale e collettiva per liberarla e rinnovarla. Ma Dio non fa nulla
senza la nostra collaborazione. E la vera gioia si ha quando si fa anche la
propria parte. Allora, per entrare in questa gioia accogliamo l’invito
dell’Avvento a rinnovarci, sull’esempio del Battista, il quale, pur avendo idee
ben radicate per le quali è disposto a morire, riconsidera quanto fatto alla
luce delle parole di Gesù.
Gesù stesso riconosce la coerenza con cui
Giovanni esercita la missione che gli è stata affidata e l’autenticità del suo
stile di vita, affermando che egli non è una “canna sbattuta dal vento”, cioè
facile a piegarsi al vento delle opinioni comuni; ha il coraggio di rimanere se
stesso, anche quando il vento cambia direzione. Giovanni sta in prigione perché
è un uomo libero capace di entrare nei palazzi dei re per difendere la verità e
denunciare soprusi.
Giovanni è ammirevole soprattutto perché
mostra una straordinaria capacità di non esser certo delle proprie certezze, di
uscire coraggiosamente da un sistema consolidato di aspettative, di scelte di
vita e di convertirsi da maestro ad allievo.
Giovanni è grande perché coglie questa
“crisi” come un’occasione per poter
progredire nel suo processo di maturazione umana e spirituale, ed
accetta di essere uno “smarrito di cuore” bisognoso di essere consigliato.
Gesù di Nazaret ci accordi questa grazia
misteriosa che fa crescere e che diventa motivo di gioia e di stimolo ad
approfondire.
Nessuno si ritenga al riparo dal dubbio. “Colui
che sta in piedi, stia attento a non cadere” (s. Paolo); il dubbio,
infatti, non comprende necessariamente una negatività: è manifestazione di un
vuoto da riempire; può esprimere capacità critica, e diventare gradino per
progredire nella comprensione della verità, della propria identità e del senso
da dare alla vita.
Che cosa debbo fare in
terra
se non vivere una vita d’amore con il Re del Cielo?
P. Andrea Grigolo ocd