Segretariato per
l’Ordine Secolare e Istituti Aggregati
Roma, 21 gennaio 2.013
Carissimi Fratelli e Sorelle nel
Carmelo Teresiano,
La grazia dello Spirito di verità e di
comunione sia con ciascuno di voi!
Il prossimo 16 giugno 2013 si compiranno 10 anni dall’approvazione
delle Costituzioni dell’OCDS da parte della Congregazione per gli Istituti di
Vita Consacrata.
Questo decennio ha portato dei frutti nelle
Comunità e Provincie del Carmelo Secolare. Come legislazione, abbiamo l’Assistenza pastorale al Carmelo Secolare
(1996) e la Ratio Institutionis per l’OCDS
(2009). In tante Provincie sono stati elaborati gli Statuti Particolari e il Programma
di formazione. Altre iniziative sono state portate avanti, come Congressi
nazionali, provinciali o regionali, che sono iniziative valide e importanti per
lo scambio fraterno di esperienze e la ricerca comune di mezzi per affrontare
le sfide dei nostri tempi. D’altra parte, in altre realtà si stanno ancora
organizzando. Oltre a queste iniziative, rimane il compito di vivere l’orazione
che porta alla trasformazione della vita, la buona qualità della formazione e
delle relazioni fraterne nelle Comunità, la cura delle nuove
vocazioni per il rinnovamento delle Comunità, nonché il collaborare attivamente
all’evangelizzazione del mondo dove ognuno vive, secondo i particolari talenti
ricevuti.
Per tutti noi e come meta perenne, è bene avere un
giusto equilibrio nell’autonomia e collaborazione tra i frati e i laici, come
afferma l’Introduzione al documento Assistenza
pastorale all’Ordine Secolare: “Ci sono eccessi che possono deformare
l’autonomia dell’Ordine secolare: indipendenza eccessiva o dipendenza eccessiva
da parte dei secolari, e da parte dei religiosi: la mancanza di interesse o
volontà di controllo. In queste condizioni si verifica l’impossibilità di
collaborazione sotto la direzione dei superiori legittimi dell’Ordine, come è
scritto nelle Costituzioni”.
Le Costituzioni dell’OCDS del 2003 avvertono la
mancanza di un capitolo sulla Comunità. Questo già fu rilevato da molti di voi,
sia per il fatto dell’importanza della comunità nella vita e dottrina di S.
Teresa, sia per la natura stessa della Chiesa in quanto popolo adunato nel nome
della Trinità. Per questo il Definitorio Generale nel suo raduno di Dicembre
del 2012 (cf. Lettera del Definitorio n. 15 )
ha chiesto di inserire un nuovo capitolo sulla Comunità nelle
Costituzioni del 2003 e un paragrafo su
s. Giuseppe (31-a e ciò che è sottolineato nel 58-j). Il nuovo Capitolo verrà inserito dopo l’attuale terzo capitolo
e porta il n. III.A (con i paragrafi 24-a, b, c, d, e).
La numerazione dei paragrafi prende l’ultimo
numero del cap. 3, aumentando di una lettera; questo aiuterà a inserire un
foglio nelle edizioni già fatte e a fare delle citazioni senza confondere con
i numeri dei paragrafi già esistenti. Il
testo proposto come base è alla fine: La
comunità del Carmelo secolare.
Però, prima di presentare un testo nuovo al
Definitorio nel raduno di settembre 2013,
chiederei la vostra gentile collaborazione, della quale vi ringrazio in
anticipo:
1. Le Comunità
studieranno e rifletteranno su questi paragrafi fino al mese di maggio 2013,
proponendo eventuali modifiche o aggiunte che dovranno essere inviate al
Consiglio Provinciale OCDS. Nel
caso non ci fosse il Consiglio Provinciale, inviare all’e-mail
scritto sotto.
2. Il Consiglio
Provinciale farà una sintesi con le proposte o aggiunte al testo da parte
delle Comunità e invierà alla Segretaria dell’OCDS entro il 30 giugno 2013. Saranno prese in considerazione quelle
arrivate fino a questa data,
all’e-mail: ocd4ocds@gmail.com.
3. Verrà fatta una nuova sintesi per essere
presentata al Definitorio a Settembre.
In questa occasione, vi ringrazio per l’invio dei
dati statistici delle vostre Provincie e Comunità. Come informazione, a partire
dai dati inviati e di quelli del 2003, le Comunità OCDS erette canonicamente
sono un totale di circa 1.506 e più 227 in formazione, con un totale di 24.492
membri con promesse definitive e temporanee, sparsi in circa 74 nazioni. Un
grazie anche per la
collaborazione economica dei Consigli provinciali alla Segreteria dell’OCDS;
ricordo che, secondo le leggi dell’Unione Europea, in futuro gli assegni
bancari devono essere intestati con il nome di “Casa Generalizia dei P.
Carmelitani Scalzi”. Il Signore vi benedica e ricompensi.
Concludendo, esprimo la mia gratitudine ai
Consigli delle Comunità e ai Provinciali, ai PP. Provinciali OCD e ai loro
Delegati e Assistenti per i contributi a questo nuovo capitolo sulla
Comunità.
Chiedo alla Vergine e Madre del Carmelo di
intercedere il Signore finché ci guidi, quale Stella della nuova
evangelizzazione a una comunione vera e fraterna tra di noi, finché arriviamo
alla comunione totale con la Trinità.
Vi saluto cordialmente nel Signore,
Fr. Alzinir Francisco
Debastiani OCD
………………………………………………………………………………………………………………………………
(III –A)
LA COMUNITÀ DEL CARMELO SECOLARE
24- a) La Chiesa in quanto mistero di comunione, è un “un popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo"[1]; è famiglia di Dio. All'interno di
questo mistero, nelle varie vocazioni, “si
rivela l'«identità» dei fedeli laici, la
loro originale dignità”[2]. Inoltre, “la
rivelazione in Cristo del mistero di Dio come Amore trinitario è insieme la
rivelazione della vocazione della persona umana all'amore”[3]. La
persona umana, per la sua natura spirituale, si realizza nelle
relazioni interpersonali. Più a vive in modo autentico, più matura anche la
propria identità personale, nell’essere in relazione con gli altri e con Dio[4]. Perciò,
le comunità
dell’Ordine Secolare, in quanto portatrici del carisma del Carmelo Teresiano,
sono dei luoghi per vivere la comunione
e promuovere l’incontro personale e comunitario con Cristo, che si fa presente
dove due o tre si radunano in suo nome (cf. Mt 18,20) e vi cercano di vivere il
comandamento dell’amore (Gv 13,34) e le virtù cristiane (cf.: Col 3, 12-17; Fil
2,1-5).
24 - b) S. Teresa di Gesù, consapevole dell’importanza dei
rapporti di amicizia nella ricerca di Dio[5], propone “un ideale di vita comunitaria configurato da
tre fattori: una comunità che è
anzitutto il «collegio di Cristo»[6], sul modello della Chiesa
primitiva, perché Egli è presente in mezzo alla comunità[7]; una comunità che vive le
esigenze dell’uguaglianza e dell’amore vero[8] e dove tutto è diretto da
uno stile evangelico di amore effettivo, gratuito, disinteressato[9]; una comunità segnata
dall’umanesimo: la cultura, le virtù umane, la soavità, la prudenza e la
discrezione; la semplicità, l’affabilità
e l’allegria”[10].
Da parte sua, S. Giovanni della Croce dà dei precisi orientamenti per vivere in
comunità, soprattutto a partire dall’ effetto purificante e unificante delle
virtù teologali, in particolare l’amore attivo verso gli altri: “Dove non v’è
amore, metta amore e ne ricaverà amore”, secondo il modo di operare del
Signore, che ci ama e ci rende capace di amare[11].
24 – c) La comunità locale dell’Ordine Secolare è un segno visibile della Chiesa[12]. Il
fedele cristiano viene inserito nella comunità secolare con la promessa fatta
alla comunità davanti al Superiore dell’Ordine o al suo Delegato[13].
Perciò, ogni membro del Carmelo secolare
è chiamato ad impegnarsi personalmente a vivere in comunione con la Chiesa, con
l’Ordine, con la Provincia e soprattutto con quelli che gli sono accanto,
amandoli e stimolandoli nella pratica
delle virtù[14]. Per questo occorre la partecipazione assidua ed attiva alla vita e agli
incontri della comunità; le assenze sono ammesse solo per gravi motivi.
24- d) Le comunità sono chiamate ad essere luoghi dove la
“spiritualità della comunione”[15] svolge
un ruolo educativo. In quanto formatrici[16] dei loro membri, puntano
chiaramente ad essere comunità oranti e fraterne, alimentate
nell’Eucaristia, secondo lo stile laicale fatto di raduni periodici. Così
educano i membri alla fraternità e carità vicendevole
e collaborano attivamente
all’evangelizzazione e missione della Chiesa e dell’Ordine in mezzo al mondo
con la loro testimonianza, “perché la comunione è missionaria e la missione è
per la comunione"[17]. In questo è di grande importanza l’autorità nella comunità:
un servizio umile e di amore ai suoi membri (Cf. Mt 20,28; Mc 10,43-45; Gv 13,14), che aiuta a
creare una convivenza familiare, spinge al dialogo, al perdono e alla
riconciliazione. La preghiera vicendevole degli uni per gli
altri, la sollecitudine per gli ammalati e gli anziani, i suffragi per i
defunti sono alcuni altri segni concreti di fraternità. Inoltre, i diritti dei singoli membri devono
essere salvaguardati e rispettati secondo le leggi della Chiesa; nello stesso
modo i membri devono assolvere fedelmente i propri doveri verso la comunità.
D’altra parte, nessuna insistenza eccessiva e ostinata sui propri diritti
individuali può aver luogo in una comunità che ricerca devotamente Dio.
24 –e) I nostri santi fondatori, Santa Teresa di Gesù e S. Giovanni della Croce hanno fatto l’esperienza
di vivere in comunità numerose. Tutti e due offrono orientamenti per vivere la
vita fraterna in comunità più piccole. In queste è possibile stabilire un vero
e profondo rapporto di amicizia umana e spirituale, di appoggio mutuo tra i
membri nella comune ricerca di Dio. S. Teresa di Gesù insiste sull’importanza
dell’aiuto degli altri nella vita spirituale: la carità cresce nel dialogare
con l’altro[18], o anche nell’ “avanzare proposte circa il
possibile emendamento” e compiacimento di Dio, nella conoscenza di sé, quando
viene fatto “con amore” puntando al “profitto”[19] del
fratello o della sorella. Questo è possibile quando c’è fiducia e conoscenza reciproca tra i membri
della comunità, che sono il fondamento di una condivisione spontanea della vita
spirituale[20]. Per questo, quando una comunità è troppo numerosa, e ci sono le
condizioni per dividerla e formarne un’altra, questo deve essere fatto, con il
consenso del Consiglio della Comunità e del Provinciale o del suo Delegato, ascoltato il
parere dell'Assistente.
………………………………………..
31- a) Per il Carmelitano secolare l’amore alla Regina e Madre
del Carmelo è inseparabile dalla devozione al suo sposo San Giuseppe, che il
divino disegno associò al mistero dell’Incarnazione di suo Figlio Gesù Cristo.
Sull’esempio di S. Teresa[21] il secolare trova in S.
Giuseppe un modello per una vita in adorazione e comunione con Gesù uomo[22], un maestro di preghiera[23], esempio di disponibilità
alla volontà di Dio e di cura della famiglia. In comunione con la Chiesa e con
la tradizione dell’Ordine, di cui egli è Padre e Signore, il secolare trova in
San Giuseppe un protettore incomparabile a cui affidare le speranze, le fatiche
e i lavori di ogni giorno[24].
…………………………………………..
58
– j) le pratiche di mortificazione e le espressioni di devozione a Maria
Santissima, a San Giuseppe e ai Santi dell’Ordine.
[1] Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, n. 4;
cf. Giovanni Paolo II, Christefidelis
Laici, 19.
[3] Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, n. 34.
[4] Cf.: Benedetto XVI, Caritas in
veritate n. 54. Cf:. n. 34.
[5] Cf. S. Teresa di Gesù, Vita 15,5; 23,4.
[7] Cf. S. Teresa di Gesù, Vita
32,11; Camino di perfezione
(Valladolid = CV) 17,7; 1,5; 3,1)
[8] Cf. S. Teresa di Gesù, Camino di
perfezione (V) 4,7; 7,9.
[9] S. Teresa, CV 4,11; 6-7; 5 Mansioni 3,7-12
[10] Cf. S. Teresa, CV 41, 7-8; Vita Consecrata, 42; Novo
millenio ineunte, 43. 90º Capitolo Generale OCD, Per Voi sono nata, Fatima, 2009, n. 30.
[11] Lettera a M. Maria dell’Incarnazione, 6 luglio 1591; cf.: Lettera 30, a una religiosa di Segovia.
[12] Cf. Costituzioni
OCDS, 40.
[13] Cf. Costituzioni
OCDS, 12.
[14] Cf.: S. Teresa, Castello Interiore,
7 Mansioni, 4,14-15.
[15] Giovanni Paolo II, Novo millennio
ineunte, n. 43 (2001).
[16] Cf.: Ratio
Institutionis OCDS, 24-29.
[17] CL 32; Cf. Benedetto XVI, Deus caritas est, 20.
[18] Nel Libro della Vita 7,22 Teresa scrive: “Perché oggi si serve Dio in modo così superficiale che è necessario che
coloro che lo servono si aiutino a vicenda per progredire… è necessario
procurarsi compagnia per difendersi… La carità, inoltre, cresce in virtù di
questa comunicazione, e ci sono ancora innumerevoli beni che non oserei
menzionare, se non avessi una grande esperienza dell’importanza che è in essi”.
[19] Cf.: S. Teresa di Gesù, Vita
16,7
[21] Cf. S. Teresa di Gesù, Vita
6,6-8; 33,12.
[22] Cf.: Giovanni Paolo II, Redemptoris
Custos, 25 (15.08.1989).
[23] Cf.: S. Teresa di Gesù, Vita
6,8.
[24] Giovanni Paolo II, Redemptoris
Custos, 24: “San Giuseppe è la prova che per
essere buoni ed autentici seguaci di Cristo non occorrono «grandi cose», ma si
richiedono solo virtù comuni, umane, semplici, ma vere ed autentiche” (cit. di Paolo VI).