domenica 17 giugno 2018

La debolezza e la forza del seme


Meditiamo con p. Claudio Truzzi ocd


«Succede del Regno di Dio come di un uomo che abbia gettato la semente nella terra; e poi, dorma o stia in piedi, a seconda che sia notte o giorno, il seme germoglia e cresce: come, egli stesso non lo sa. Da se stesso, la terra produce prima l'erba, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Allorché il frutto lo consente, subito si mette la falce, poiché è tempo della mietitura …». Marco 4, 26, 34

Gesù vuole farci capire, nella parabola, qualcosa del mistero del Regno. Alcuni sostengono che nella parabola si sottolinea il processo di crescita. Altri la mietitura.
Ma non potrebbe, invece, essere il protagonista il seme? Il seme, e la sua principale caratteristica: la sua forza intrinseca, le sue potenzialità.
Non è che si neghi o si minimizzi l'azione del contadino. Come non si nega l'importanza del terreno. Di ciò Gesù parla in altre parabole. Ma qui non interessa. Ci si deve occupare della forza insita nel seme, che è indipendente dall'azione dell'uomo e dal suo sapere («come, egli stesso non lo sa», v. 27). Il contadino può andare a dormire ed alzarsi, non perché il suo lavoro sia irrilevante; ma perché si parla d'altro, e lui a questo punto non interessa.
La parabola rappresenta un preciso invito a scoprire l'azione del seme e la sua potenza.
La Parola di Dio è viva ed efficace, ha la sua forza interna, irresistibile.
Fa succedere qualcosa.
Il Regno di Dio è presente, avviene, ora, ed è essenzialmente potenza di Dio, non azione dell'uomo. E si manifesta nell'assenza di segni esteriori.
Cresce e lavora anche se pare non succeda niente

Quest'ultimo aspetto (potenza del seme che cresce da sé) – pur non escludendo il seminatore e il lavoro del contadino nel terreno – tuttavia si sgancia da essi. Ossia la forza vitale non è stata data al seme dall'attività del contadino. La possiede da sé.
Il credente, come il contadino, è uno che sa tutto questo. Non dobbiamo equivocare a questo riguardo. La parabola non dice che l'uomo non sa. Dice che non sa come (v. 27). Che è ben diverso.
Il credente è uno che sa del Regno. Ne è informato; è a conoscenza della sua presenza; avverte la sua azione.
Non sa “come”! Ma il “come” non aggiungerebbe niente. Anzi toglierebbe qualcosa, tatno alla sua fede, quanto alla potenzialità del seme.

Il cristiano non è il costruttore del Regno, né tnto meno un programmatore o un direttore dei lavori.
È più modestamente, ma più utilmente, uno che offre delle possibilità al Regno. E, qualche volta, la possibilità più apprezzata può essere quella di non intralciare .

Nella parabola c'è un seme che sa fare il proprio mestiere, e arriva dove vuole e quando e come vuole. E non ha bisogno che qualcuno gli suggerisca le modalità di crescita.
È c'è un contadino che dorme e sta in piedi, a seconda che sia notte e giorno. È una persona seria, che diamine!