sabato 4 settembre 2021

Meditazione sul Vangelo della Domenica

 “Guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: Apriti!”

 

31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decapali. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: "Effetá", cioè: "Apriti!". 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: "Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!".

 

Credo che la parola chiave di questo episodio sia quella che Gesù, guardando verso il cielo e sospirando, disse al sordo di Sidone: “Effatà”, nella sua lingua aramaica, “apriti!”. Infatti, anche se rivolto all’orecchio di quel sordo, quest’ordine si rivolge al cuore di ogni lettore del Vangelo. Questo pover’uomo incapace di udire rappresenta, infatti, ciascuno di noi chiamato da Gesù ad aprirsi al suo messaggio.

Da questo punto di vista, sono anche molto significativi il fatto di allontanare quel sordo dalla gente, per curarlo da solo, e il sospiro profondo [un gemito] di Gesù. “Lo prese in disparte, lontano dalla folla”, si legge nel testo, “gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: Effatá”. La saliva e lo sguardo al cielo, evocano certamente lo Spirito Santo, ma qui non li prendiamo in esame, soffermandoci invece sulla guarigione “a tu per tu” (“Lo prese in disparte, lontano dalla folla”) e sul sospiro di Gesù.

L’essere isolato dalla gente, evoca, infatti, la promessa del Signore al popolo di Israele, considerato sua sposa: “Io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. [] Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza [] mi chiamerai: "Sposo mio", e non mi chiamerai più: mio padrone"(Os 2,16-18). La necessità di restare soli con il Signore è, infatti, essenziale per ascoltare e comprendere la sua parola per ciascuno di noi e metterla in pratica.

 Il sospiro (Gesù, guardando il cielo gemette) indica la fatica e lo sforzo da parte del Signore per farsi capire, non tanto da quel sordo di Sidone, ma da ognuno di noi, rappresentati da lui. Al Signore “Tutta la creazione è costata solo una parola, più un semplice soffio per animare l’uomo. Per darci, invece, un cuore nuovo, gli costa la vita. Questo gemito prelude [di fatto] l’alto grido della croce” (Silvano Fausti).

 Come si può vedere, quando leggiamo il Vangelo non dobbiamo semplicemente fermarci a considerare la capacità di Gesù di compiere miracoli, ma guardare a ciò che, attraverso quei gesti ed eventi, si dice di noi. Che con il tocco di Gesù si aprano le orecchie e si sciolga la lingua di quel povero sordo e, così, inizi a parlare correttamente, ci viene detto perché lo prendiamo come riferito a noi. Siamo noi i sordi che, proprio per non ascoltare il Signore che continua a parlarci, anche attraverso i nostri fratelli e sorelle, non parliamo e non viviamo bene, cioè come suoi discepoli.

 Lo lasciò scritto molto bene il P. Jesús Castellano, ocd, con queste parole pubblicate in uno scritto postumo; “Effatá. Comunicazione con Dio. Capacità di ascoltare il silenzio e la Parola di Dio. Abilità di captare il suo messaggio in mezzo al tran tran della giornata, sul lavoro e in metropolitana. […] Parola miracolosa di Gesù [Effatá] per aprirci alla comunicazione con i nostri fratelli [], per ascoltare col cuore silenzi e pene, per intuire problemi e paure, per liberare dialoghi che elevano a Dio ed energie nascoste”.

p. Bruno Moriconi ocd