Nessuno sa cosa significhi seguire Gesù, né i discepoli
Giacomo e Giovanni, né gli altri tre che, da una parte, vorrebbero seguirlo,
ma, dall’altra, pongono condizioni che il Signore non può accettare. Anche a
noi sembra esagerato Gesù, nelle risposte che dà ai tre possibili discepoli, ma
bisogna leggere tutto alla luce del primo versetto: “Mentre stavano compiendosi
i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di
mettersi in cammino verso Gerusalemme” (v. 51). Un versetto che, tradotto alla
lettera, questo versetto, risulta ancora più espressivo, soprattutto nella
seconda parte: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato
elevato in alto, egli fece la faccia dura e si diresse verso Gerusalemme”.
Solo l’evangelista Luca ha questa annotazione così plastica
e rivelatrice di come Gesù decide di dare la sua vita. Mentre negli altri
Sinottici (Matteo e Marco) e soprattutto nel Vangelo di Giovanni si parla
giustamente di varie andate di Gesù alla santa città, Luca, vuole sottolineare
che la vita di Gesù è come un unico viaggio verso il compimento della sua
missione, senza voltarsi mai indietro. Gesù, terminato l’apostolato in Galilea,
non vedendo altro modo di far comprendere il suo amore e l’amore con cui il
Padre lo aveva inviato, decide di mettersi in marcia per andare a dare la sua
vita in Gerusalemme.
Si era reso conto che lo avrebbero condannato e aveva deciso
di offrirsi volontariamente. “Nessuno mi toglie la vita”, aveva detto un
giorno, “io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di
riprenderla di nuovo” (Gv 10,18). E ai suoi discepoli varie volte, durante il
cammino, aveva ripetuto: “Il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere
rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso
e, dopo tre giorni, risorgere” (Mc 8,31).
Fece la faccia dura, perché gli costava, ma non si volse più
indietro, poiché per questo era venuto, come aveva confidato a Nicodemo: “Dio
ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in
lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Per questo si mise
decisamente in cammino, quel cammino che aveva iniziato dall’eternità e che si andava
a compiere con la sua morte e con la sua risurrezione, perché le porte della
vita si aprissero per tutti.
Un autore francese, Christian Bobin, non credente, ma
incantato dalla condotta di Gesù, ha scritto un piccolo libro nel quale non lo
nomina mai, ma si capisce molto bene che si tratta di Lui. Si intitola “L’uomo
che cammina” [L’homme qui marche], e queste sono le parole iniziali: “Cammina.
Senza sosta, cammina. Va qui e poi là. Passa la sua vita su una sessantina di
chilometri di lunghezza, trenta di larghezza. E cammina. Senza sosta. Si
direbbe che il riposo gli sia proibito”.
Da parte nostra, considerando seriamente la seria decisione
di Gesù di mettersi in cammino verso Gerusalemme, ci risulterà più facile
capire le sue reazioni alle quattro domande che gli pongono, prima i suoi discepoli
e, poi, tre uomini desiderosi di seguirlo, ma inconsapevoli. La prima delle
domande è quella di Giacomo e di Giovanni, suoi discepoli, che, vedendo che i
samaritani, nemici dei giudei (Gv 4,9), non vogliono ospitarli perché stanno
dirigendosi, con il loro Maestro, a Gerusalemme, si adirano e chiedono a Gesù
se vuole che invochino su di loro il fuoco dal cielo che li consumi.
A parte la stoltezza di affermarsi capaci di compiere un
miracolo, Giacomo e Giovanni non hanno capito che Gesù si è appena messo in
marcia, deciso, verso Gerusalemme, non per visitare il Tempio, ma per dare la
vita per tutti, compresi i samaritani. Per questo, “[Gesù] si voltò e li
rimproverò”. Li rimproverò e, senza dire altro, volle che si incamminassero verso
un altro villaggio, perché doveva giungere alla meta.
“Mentre camminavano per la strada”, e qui ci incontriamo con
la seconda domanda, “un tale gli disse: Ti seguirò dovunque tu vada”. “Le volpi
hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi”, gli rispose Gesù, “ma
il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Parole con le quali non sta
chiedendo di rinunciare ad avere una casa, ma ribadire che, seguire Lui che sta
camminando per dare la vita, vuol dire essere disposti a tutto, cioè, non avere
né rifugi né sicure dimore.
L’altro, è lo stesso Gesù a invitarlo. “Seguimi”, gli dice.
“Signore”, gli risponde quell’uomo, “permettimi di andare prima a seppellire
mio padre”. Forse, suo padre è vecchio e lui, come comanda il quarto
comandamento, non vuole abbandonarlo… La risposta di Gesù non può non
disturbarci: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”, gli risponde, “tu
invece va’ e annuncia il regno di Dio”. Anche qui, però, bisogna fermarsi a
riflettere su ciò che vuol dire Gesù che certamente aveva assistito suo padre
Giuseppe e che, dalla croce, prima di morire si preoccuperà di raccomandare sua
madre a Giovanni.
Gesù che ha rimproverato gli scribi e i farisei di
disobbligarsi verso i propri genitori dichiarando offerta sacra (korbán) ciò
che dovevano loro[1], non potrà chiedere ai
suoi discepoli di infrangere i comandamenti. E questo, per averlo detto
espressamente con queste parole: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la
Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Mt
5,17). Nel suo camino verso Gerusalemme, Gesù vuole solo dire che seguire Lui è
una cosa molto seria, rispetto alla quale tutto il resto passa in secondo
ordine.
Lo stesso vale per ciò che dice all’ultimo postulante,
deciso a seguire il Maestro alla sola condizione di andare a congedarsi da
quelli di casa sua. Gesù gli risponde che “nessuno che mette mano all’aratro e
poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio”. Congedarsi da quelli di
casa è cosa molto buona e non è sicuramente a questo che si oppone Gesù, ma
anche qui, con questa espressione, vuole sottolineare la radicalità di ciò che
significa seguirlo. Che bisogna riflettere bene, prima di porsi in cammino.
Usa, in quest’ultimo caso, l’immagine di chi ara. L’agricoltore che ara il suo
campo non può guardare indietro, perché i suoi solchi non risulterebbero
diritti, ma storti. Allo stesso modo, chi vuole percorrere il cammino di Gesù,
deve abbandonare ogni incertezza e seconda intenzione.
Come Lui, che, come scrive uno scrittore francese (Christian
Bobin) in un piccolo libro intitolato L’homme qui marche: “Cammina. Senza
sosta, cammina. Va qui e poi là. Passa la sua vita su una sessantina di
chilometri di lunghezza, trenta di larghezza. E cammina. Senza sosta. Si direbbe
che il riposo gli sia proibito”.
"Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento
di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: Onora tuo
padre e tua madre, e: Chi maledice il padre o la madre sia
messo a morte. Voi invece dite: "Se uno dichiara al padre o alla
madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio",
non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la
parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne
fate molte" (Mc 7,9-13).