C'era un cerbiatto che, insieme a molti altri animali, aveva deciso di scalare una montagna altissima. La cima era inaccessibile agli occhi perché si trovava oltre le nuvole, in una dimensione invisibile e sconosciuta. Tutti gli animali erano attratti da ciò che poteva esistere al di là di quel velo di nubi.
Tanti animali partirono per quel viaggio pieni di entusiasmo, ma, man mano che procedeva, il cammino si dimostrava impervio e molti si scoraggiarono. «Si farà presto notte, torniamo a casa al sicuro.» Alcuni tornarono indietro. Ma i più coraggiosi proseguirono. «Non proseguite, incauti! Ci saranno i lupi o gli orsi nel bosco».
Altri si fermarono prima della foresta in preda alla paura. Il cerbiatto, imperterrito e incurante, proseguì. Attraversarono la foresta e si fece sera. «Verrà la notte e con essa l'ombra oscura: ci perderemo. Fermatevi!». Di fronte alla paura di smarrirsi quasi tutti lasciarono il cammino verso la vetta.
Il cerbiatto, imperterrito e incurante, proseguì. All'alba raggiunsero una radura, ma le nuvole impedivano di vedere oltre. Sembrava che il sole non dovesse mai più spuntare. Oltre quelle nuvole regnava solo l'incertezza. «Non vi è nulla oltre. Non ci sarà cibo né acqua. Morirete di fame e di sete. Diventerete folli e vagherete nel nulla sino a morire. Non proseguite».
I pochi rimasti si fermarono impietriti di fronte alla paura della morte e della follia. Il cerbiatto, imperterrito e incurante, proseguì. «Fermati», gridavano tutti i pochi animali giunti fino a lì. « Solo un folle potrebbe andare avanti».
Il cerbiatto, imperterrito e incurante, proseguì. Entrò da solo nelle nubi. Nient'altro che bianco e solitudine per un tempo indeterminato, che sembrava non dovesse mai avere fine. Il cerbiatto proseguì fino a che non ebbe esaurito ogni energia. Oltre le nubi, il cielo si aprì e un orizzonte sconfinato mostrò la sua bellezza.
Il sole, radioso, sorrise alla vista di quel minuscolo essere solitario. Il cerbiatto proseguì fino alla vetta delle vette e, lì, si fermò a respirare. La meraviglia che si disvelò ai suoi occhi lavò via ogni stanchezza e ogni affanno. Si ammiravano in lontananza valli, monti, laghi, fiumi. E tutta la terra era rigogliosa. Da quell'altezza si poteva contemplare davvero ogni meraviglia. Respirava pieno di amore il cerbiatto che, imperterrito e incurante, era giunto fino in cima.
Il suo difetto più grande era stato la sua più grande fortuna: era sordo.
Tanti animali partirono per quel viaggio pieni di entusiasmo, ma, man mano che procedeva, il cammino si dimostrava impervio e molti si scoraggiarono. «Si farà presto notte, torniamo a casa al sicuro.» Alcuni tornarono indietro. Ma i più coraggiosi proseguirono. «Non proseguite, incauti! Ci saranno i lupi o gli orsi nel bosco».
Altri si fermarono prima della foresta in preda alla paura. Il cerbiatto, imperterrito e incurante, proseguì. Attraversarono la foresta e si fece sera. «Verrà la notte e con essa l'ombra oscura: ci perderemo. Fermatevi!». Di fronte alla paura di smarrirsi quasi tutti lasciarono il cammino verso la vetta.
Il cerbiatto, imperterrito e incurante, proseguì. All'alba raggiunsero una radura, ma le nuvole impedivano di vedere oltre. Sembrava che il sole non dovesse mai più spuntare. Oltre quelle nuvole regnava solo l'incertezza. «Non vi è nulla oltre. Non ci sarà cibo né acqua. Morirete di fame e di sete. Diventerete folli e vagherete nel nulla sino a morire. Non proseguite».
I pochi rimasti si fermarono impietriti di fronte alla paura della morte e della follia. Il cerbiatto, imperterrito e incurante, proseguì. «Fermati», gridavano tutti i pochi animali giunti fino a lì. « Solo un folle potrebbe andare avanti».
Il cerbiatto, imperterrito e incurante, proseguì. Entrò da solo nelle nubi. Nient'altro che bianco e solitudine per un tempo indeterminato, che sembrava non dovesse mai avere fine. Il cerbiatto proseguì fino a che non ebbe esaurito ogni energia. Oltre le nubi, il cielo si aprì e un orizzonte sconfinato mostrò la sua bellezza.
Il sole, radioso, sorrise alla vista di quel minuscolo essere solitario. Il cerbiatto proseguì fino alla vetta delle vette e, lì, si fermò a respirare. La meraviglia che si disvelò ai suoi occhi lavò via ogni stanchezza e ogni affanno. Si ammiravano in lontananza valli, monti, laghi, fiumi. E tutta la terra era rigogliosa. Da quell'altezza si poteva contemplare davvero ogni meraviglia. Respirava pieno di amore il cerbiatto che, imperterrito e incurante, era giunto fino in cima.
Il suo difetto più grande era stato la sua più grande fortuna: era sordo.
Per seguire la logica del Vangelo occorre
diventare "sordi" alla logica del mondo…
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni(Mt 16,21-27)