Dopo aver fallito nell’intento di convincere le autorità
ebraiche che Gesù non meritava di essere condannato a morte, “Pilato – racconta
il quarto Vangelo – rientrò nel pretorio, fece
chiamare Gesù e gli disse: Sei tu il re dei Giudei? Gesù
rispose: "Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?".
disse: "Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno
consegnato a me. Che cosa hai fatto?". Rispose Gesù: "Il mio regno
non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori
avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non
è di quaggiù". (Gv
18,33-36).
Nel Vangelo di Luca come negli altri Sinottici (Mc e Mt)
questo dialogo non c'è, ma nell’episodio degli oltraggi contro Gesù crocifisso,
da loro riferito, si trova la stessa rivelazione: che Gesù è Re, ma non come quelli
che regnano in questo mondo. Se il suo regno fosse di questo mondo, i suoi servitori
combatterebbero perché non venisse consegnato ai giudei. Il suo regno non è di
quaggiù ma, anche se non ha servitori, né soldati che lo difendano, il vero Re
è Lui. Il re che vince il male, non con gli eserciti, ma con l’armatura
dell’amore che, anziché sottomettere i nemici, lo spinge a dare la vita per
tutti loro, nessuno escluso.
Gesù l’ha detto proprio nel versetto che precede il racconto
degli oltraggi e delle beffe di chi stava vicino alla croce. Infatti,
rivolgendosi al Padre, ha appena chiesto il perdono per tutti, aggregando –
come scusante in nostro favore, l’ignoranza. “Padre”, ha appena finito di dirgli, “perdona loro perché non sanno
quello che fanno” (Lc 23,34).
Al contrario,
mentre il popolo, come la gente di Parigi davanti ai condannati alla
ghigliottina, sta guardando lo spettacolo della crocifissione, i capi,
alludendo ai miracoli fatti da Gesù in favore di molti bisognosi, si burlano di
Lui dicendo ad alta voce: “Ha salvato altri! Salvi se
stesso”. Anche i soldati si prendono gioco di Lui
lanciandogli questa sfida: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso”!
Dicono così, perché Pilato, per dispetto a chi aveva voluto che fosse
condannato, sopra il suo capo ha fatto porre un cartello con questa iscrizione:
“Questi è il re dei giudei”. Nessuno lo credeva, ma era proprio quella
dignità e molto di più che Gesù stava dimostrando con la sua attitudine
pacifica e misericordiosa.
Persino uno
dei due malfattori crocifissi con Lui lo insultava. “Non
sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”,
Gli diceva, prendendolo in giro con disprezzo. Un insulto che, invece,
all’altro condannato, malfattore come il primo, parve troppo e sgridò il suo
compagno. “Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa
pena?”, gli disse. Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo
meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male”. E,
senza che noi possiamo saper come, egli
trovò l’umiltà di rivolgersi a Gesù e chiedergli aiuto. “Gesù, quando
entrerai nel tuo regno", gli disse, “ricordati di me”. "In
verità io ti dico” gli rispose subito Gesù, “oggi con me sarai nel
paradiso”.
Ciò che Luca vuole proporre
al lettore cristiano è proprio questa richiesta del così detto “buon ladrone”.
Come l’altro, per niente buono, ma seppe – a modo suo – intuire che Gesù stava
dando la vita anche per lui. Da parte sua, come sappiamo e non dobbiamo
dimenticarlo mai, Gesù chiede perdono per tutti (per l’altro ladro, i soldati,
il sommo sacerdote, Pilato, i suoi propri discepoli e tutta l’umanità, da Adamo
sino all’ultimo nato che verrà al mondo dopo), ma – per essere suoi discepoli,
capaci di regnare con le stesse armi dell’amore, bisogna rendersi conto di
questo amore di Cristo.
Sicuramente,
il “buon” ladrone non sa bene quello che sta chiedendo, ma, anche senza
saperlo, pone tutta la sua speranza in Gesù che, poiché innocente, sta morendo anche
per lui. Le parole del ladro precedono quelle del Centurione che, pur essendo
ancora pagano, suggerisce, anche lui, come guardare a Gesù che muore per
l’amore che porta verso l’intera umanità. Il centurione che stava di fronte
alla croce, infatti, avendolo visto spirare in quel modo disse: “Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!” (Mc
15,39).
Sulla bocca
di un soldato pagano, paiono parole esagerate, ma, dal morire disprezzato come un
malfattore, essendo innocente, e perdonare tutti come Gesù, comprende anche lui
che lo può fare solo Dio. Perché – come scriverà esplicitamente Giovanni – Egli
è Amore e, precisamente, quell’amore che si è manifestato nella croce.
Ed è lì
dove continuano a condurci il “buon” ladrone e il centurione. Il primo era un
malfattore e l’altro un soldato pagano, ma rimangono davanti alla croce, per
suggerirci come guardare a Gesù, sia nella nostra preghiera che nel nostro
agire quotidiano.