“Davanti alla Sapienza infinita, mi credano, vale più un piccolo sforzo di umiltà e un atto di essa, che tutta la scienza del mondo”.(Vita, c. XV, 8)
Già nelle prime Mansioni, santa Teresa ci ha parlato della necessità della conoscenza di sé per progredire nella vita spirituale. Solo trasformandosi in umiltà, la conoscenza di sé acquista tutta la sua efficacia.
Santa Teresa non si stanca di affermare la necessità della virtù dell'umiltà:”...non c'è tossico che uccida la perfezione, quanto cose di questo tipo (il proprio orgoglio)”
Sulla soglia delle quarte Mansioni scrive ancora: ”Dopo aver fatto ciò che esigono le Mansioni precedenti, ci vuole umiltà e ancora umiltà. E' da questa virtù infatti che il Signore si lascia vincere, accordandoci quanto vogliamo da lui” (IV Mansioni, c. II, 9)
Se il dono di sé, di cui abbiamo parlato precedentemente provoca la Sapienza d'amore, l'umiltà l'attira irresistibilmente. Santa Teresa dichiara: ”Non ricordo che mi abbia fatto nessuna delle grandi grazie di cui parlerò più avanti, se non quando mi sentivo annientata dalla vista della mia profonda miseria.”(Vita, c. XXII,11)
S. Teresa di Gesù Bambino conta proprio su questo potere d'attrazione dell'umiltà e della povertà per far discendere la Misericordia di Dio sulla sua anima. A sua sorella Celina aveva scritto:”Quanto più sarai povera, tanto più Gesù ti amerà.”(lett. del 24 dicembre 1896)
S. Giovanni della Croce afferma in tutto il suo insegnamento che il ”nulla”, realizzazione della povertà, equivale ad ottenere il “tutto” che è Dio.
Santa Teresa ci spiega perchè l'umiltà eserciti una così grande attrattiva su Dio: ”Una volta io stavo considerando quale potesse essere la ragione per cui Nostro Signore ama tanto la virtù dell'umiltà. Mi venne in mente senza alcuna riflessione, ma all'improvviso, che ciò deve essere perché Dio è la somma Verità, e l'umiltà consiste nel procedere nella verità. E' una grande verità che da parte nostra non abbiamo nulla di buono, ma solo miseria e nullità. E chi non capisce questo cammina nella menzogna. Chi invece più lo intende più è accetto alla somma Verità, perché cammina in essa”.(IV Mansioni, c. X, 7)
L'umiltà fervente è alla base di tutta la dottrina dell'infanzia spirituale di S.Teresa del Bambino Gesù:”...ora mi rassegno a vedermi sempre imperfetta e trovo in ciò la mia gioia. Anche a me capitano delle debolezze, ma me ne rallegro....e' così dolce sentirsi debole e piccola."(Ms A).
Esistono diverse forme di orgoglio:
1. Orgoglio dei beni esteriori ossia tutti quelli che assicurano onore e stima, di conseguenza i vantaggi e le doti esteriori: la bellezza, la fortuna, il nome, il ceto, gli onori.
2. Orgoglio della volontà, che si traduce in un rifiuto di sottomettersi all'autorità costituita, in una fiducia esagerata in sé e in un'ambizione che vuol sempre dominare. Rifiuta o rende difficile la sottomissione riguardo a Dio, non comprende la parola di Gesù: ”Senza di me non potete far nulla”.(Gv 15,5) Solo Gesù può insegnarci con il suo esempio la nobiltà e il valore della sottomissione.
3. Orgoglio dell'intelligenza: le scoperte della scienza sembrano giustificare il fatto che la ragione pretende il dominio supremo su tutte le realtà terrene per escluderne definitivamente Dio.
4. Orgoglio spirituale, che si gloria non solo delle sue opere, come fossero unicamente sue, ma dei suoi privilegi spirituali. Anche i doni spirituali personali possono servire da nutrimento all'orgoglio.
Fin dalle prime mansioni s. Teresa ha sottolineato che l'anima deve fissare le fondamenta dell'umiltà sulla conoscenza di sé. L'esame di coscienza deve fornire i dati di tale conoscenza. La conoscenza di sé più profonda proviene grazie allo sguardo sulle perfezioni di Dio. “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” afferma Gesù. Seguiamo dunque il suo esempio.