Pagine

sabato 2 luglio 2022

Meditazione sul Vangelo della Domenica

 


Come Matteo nel capitolo 10 e Luca all'inizio del capitolo 9 del suo Vangelo, avevano raccontato che Gesù, dopo aver convocato i Dodici e aver dato loro potere e autorità su ogni sorta di demoni e di curare le malattie, li aveva mandati ad annunciare il regno di Dio e a curare i malati, con le stesse raccomandazioni che, ora, all'inizio del capitolo 10, secondo il terzo evangelista, fa anche ai Settantadue ("Non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada, ecc...").
             Secondo Luca, come abbiamo visto domenica scorsa, Gesù ha appena iniziato a muoversi verso Gerusalemme e, come aveva inviato i Dodici apostoli, ora manda una settantina di discepoli. "Il Signore”, scrive, “designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi". Il numero (settanta o settantadue, secondo i manoscritti) si riferisce al totale delle nazioni del mondo secondo il conteggio di Genesi 10, cioè alla totalità dell'umanità a cui, i messaggeri di Gesù, devono portare la buona notizia.
 Un compito che, più che consistere nel compiere i preliminari nei villaggi che Gesù avrebbe poi visitato, come recita il testo, sembra preannunciare quello che i discepoli, sollecitati e sostenuti dallo Spirito, inizieranno dopo la Pentecoste. Infatti, l'espressione "in ogni città e luogo dove stava per recarsi", piuttosto che ai villaggi che stava attraversando in quel momento per andare a Gerusalemme, può essere un'allusione ai paesi dell'intera umanità, per la quale il Figlio di Dio è venuto nel mondo e dove vuole essere portato come buona notizia.   
 Il fatto che i discepoli siano inviati a coppie (due a due) è perché possano sostenersi l’un l’altro come testimoni e difendersi a vicenda. Una pratica che, giustamente, è presente nella prima evangelizzazione della Chiesa nascente, come è possibile leggere negli Atti degli Apostoli, dove le comunità inviano in coppia "Pietro e Giovanni", o "Barnaba e Saulo". "Barnaba", si legge nel capitolo 11 di questo libro, "si recò a Tarso in cerca di Saulo; trovatolo, lo condusse ad Antiochia. Per un anno intero rimasero insieme in quella chiesa e istruirono molti" (At 11,25-26).
 Anche la raccomandazione di chiedere a Dio altri evangelizzatori ("La messe è abbondante, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe") si riferisce sicuramente a questa evangelizzazione futura. Le varie raccomandazioni di non prendere né bastone, né borsa, né pane, né denaro, né due tuniche, perfino un po' esagerate, si riferiscono all'importanza della sobrietà, ma soprattutto vogliono sottolineare la necessità di non confidare in nessun altro mezzo che non sia la forza del Vangelo stesso.
 Anche l'altro comando di non salutare nessuno per strada, non deve essere inteso contro le persone e la gentilezza. Viene dato per sottolineare l'urgenza del compito evangelizzatore, che non può permettere alcuna distrazione. Ricorda le istruzioni date dal profeta Eliseo al suo servo Giezi, inviato da lui a resuscitare il figlioletto della Sunamita: "Cingi i tuoi fianchi, prendi in mano il mio bastone e parti. Se incontrerai qualcuno, non salutarlo; se qualcuno ti saluta, non rispondergli. Metterai il mio bastone sulla faccia del ragazzo" (2 Re 4,29). E questo, anche perché nei paesi orientali i saluti richiedevano molto tempo e arrivavano solo dopo una serie infinita di domande sulla salute di tutti i membri della famiglia incontrata.
             Entrando in una casa, devono prima dire: "Pace a questa casa" e aspettare che la famiglia risponda positivamente o meno, come segno di condivisione o no della loro missione. Nel caso in cui riconoscano il loro saluto, i due apostoli devono accettare l'ospitalità di questa famiglia e, per lo stesso motivo per cui l'annuncio del regno è l'unica cosa che conta, non cambiare posto alla ricerca, per esempio, di una migliore sistemazione o di miglior cibo. Restare lì e mangiare quello che viene offerto loro, sapendo, allo stesso tempo, che se lo meritano, perché stanno lavorando, e "l'operaio merita il suo salario". Se, infatti, la famiglia li ha accettati come evangelizzatori, significa che vuole collaborare con loro offrendo la propria ospitalità.
 Da parte loro, i due inviati devono fare ciò che ha fatto il loro Maestro, guarire i malati e dire a tutti che il regno di Dio li ha raggiunti. E arriviamo, così, a delle parole che non sembrano essere di Gesù, dato che, proprio poco prima, non aveva permesso ai suoi discepoli che volevano far scendere il fuoco dal cielo sui samaritani ostili al loro passaggio e, rivolgendosi a loro, li aveva addirittura rimproverati (Lc 9,51-55). Perché, ora, dire loro che, se una città non li accoglie, "uscendo per le sue strade", devono perfino scuotere dai loro sandali la polvere che vi si è attaccata e minacciarli dicendo che il giorno della resa dei conti sarà più sopportabile per Sodoma che per quella città?
             Che cosa, dunque, intende Gesù con questo duro comando che Paolo e Barnaba misero in atto, scuotendo la polvere dai loro piedi, ad esempio, ad Antiochia di Pisidia (At 13,44-52)? In quel caso, entrambi quegli apostoli dissero: "Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio”, dichiararono, “ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani " (At 13,46). Anche qui, Gesù vuole chiarire che chi rifiuta il messaggio dei suoi discepoli dovrà accettare le conseguenze di questo rifiuto volontario della buona notizia. Non è una condanna di Dio, ma un'autocondanna (vedere il bene e scegliere il male).
             Ebbene... per concludere, fermiamoci alle parole di Gesù a coloro che tornano da Lui dopo aver compiuto la loro missione. "Non rallegratevi”, dice loro, “perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli ". Parole che Gesù ripete anche per ciascuno di noi: "Il tuo nome è scritto in cielo".