VI DOMENICA del Tempo
Pasquale, Anno B
Meditiamo con p. Roberto Sangermani ocd
La mensa della Parola di questa domenica ci offre un
alimento semplice ma sostanzioso, come il pane fatto in casa, perché richiama
quelle verità fondamentali capaci di nutrire tutta la vita, ma che spesso
vengono dimenticate. È un messaggio che ruota tutto intorno alla parola “amore”
e al verbo “amare”.
1.
Anzitutto l’apostolo Giovanni, nella seconda lettura, ci ricorda che «Dio è
amore». Scopriamo così che non solo Dio esiste, come bene o male affermano
tutte le religioni, ma che esiste come sorgente inesauribile di amore, di
benevolenza, di misericordia. Questa definizione data dall’evangelista completa
quella ricevuta da Mosè sul monte Sinai: Dio come “Colui che è” (cf. Es 3,14). Come nel sole luce e calore si
confondono, così in Dio essere e amore coincidono; tutta la sua sostanza non è
che amore, dunque egli non può che amare, non può che amarci, qualsiasi cosa in
contrario. È questa la prima e più consolante verità della nostra fede, a cui possiamo
continuamente attingere.
Proprio
perché divino, questo Amore è da sempre e per sempre, cioè eterno. È
inesauribile; è precedente ogni altro amore: “non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi”. È un
Amore universale, aperto a tutti, “perché
Dio non fa preferenze di persone”, come ha compreso già l’apostolo Pietro (1a
lettura).
Tenere
presente questa verità è capitale per non cadere nell’eresia antica eppur ancor
diffusa che la santità dipenda dalla nostra buona volontà, come ci ha ricordato
papa Francesco: «Si dimenticava che tutto
“dipende non dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che ha
misericordia” e che Egli “ci ha amati per primo”» (Gaudete et exultate, 48).
2. Proprio
perché ogni uomo possa percepire e convincersi che Dio non è altro che amore,
la divina Bontà, “mare senza fondo e senza confini” (s. Luigi Gonzaga), è straripata.
Così “Dio ha mandato nel mondo il suo
Figlio unigenito” (2a lettura) quale manifestazione suprema del
suo amore misericordioso verso tutti e ciascuno. Tutta l’esistenza di Gesù –
ciò che ha detto, fatto e sofferto – non è stata altro che una continua
rivelazione e trasmissione dell’amore del Padre suo: «come il Padre ha amato me, così anche io ho amato voi” (vangelo).
Gesù ha vissuto questa missione fino in fondo, fino all’estremo (cf. Gv 13,1), «fino a dare la sua vita per i propri amici» (vangelo), fino a
divenire «vittima di espiazione per i
nostri peccati» (2a lettura), affinché, riconoscendo nel suo l’amore
del Padre, avessimo per mezzo di lui il perdono e la vita, e quindi «la gioia piena» (vangelo).
3. Dal
momento che solo se ne facciamo esperienza personale e prolungata possiamo
davvero comprendere e gustare cos’è l’amore, Gesù nel vangelo ci consegna
l’invito: «rimanete nel mio amore», che è poi l’amore del Padre suo. E come
dimorare nel suo amore? Adempiendo il suo comando, cioè vivendo il suo stesso amore
universale: «amatevi gli uni gli altri
come io ho amato voi». Così, applicandoci all’amore verso il prossimo
rimaniamo nell’amore di Cristo e, di conseguenza, ci disponiamo a ricevere
l’amore del Padre. È quanto ha compreso santa Teresa: «Più vi vedrete avanzate nell’amore del prossimo, più lo sarete anche
nell’amore di Dio» (Castello, 5M
3,8). Ma dove attingere questo amore divino
(«come io ho amato» chiede Gesù), sovrumano quindi, per amare i nostri
fratelli, anche i più difficili, anche i più ostili? Sia nella preghiera
interiore, che altro non è che «un
frequente intrattenersi, da solo a solo, con colui che sappiamo ci ama» (S.
Teresa), sia ancor più nell’Eucaristia, «pane
vivo» in cui si nasconde e ci viene offerta «questa eterna fonte che sgorga e scorre» dal cuore della Trinità
(S. Giovanni della croce).
La proclamazione di questo sublime mistero: «Dio è amore» ci impegna a fare nostra la
professione di fede dell’apostolo Giovanni: «Noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore
che Dio ha per noi», e a farne esperienza nell’amore al prossimo, certi
che «chi rimane nell’amore rimane in Dio
e Dio rimane in lui» (1Gv 4,16).
P. Roberto ocd