sabato 8 maggio 2021

Meditazione sul Vangelo della Domenica

 Vi ho chiamato amici


9Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. 12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.

Gesù è ancora con i suoi discepoli, seduto a tavola, dove ha consumato con loro la sua ultima cena. È convinto che essi non hanno capito quasi nulla di ciò che ha fatto né di ciò che ha detto. L’atto di lavar lori i piedi, la benedizione del pane e del vino affermando che sono il suo corpo e il suo sangue consegnati per la remissione dei loro peccati e di quelli di tutti, a parte la contestazione di Pietro e l’annuncio del tradimento, sembrano averli lasciati impassibili.

Tuttavia, a Gesù non importa che ancora non lo possano comprendere. Egli stesso, continuando con il suo insegnamento, lo dirà loro tra breve: “Molte cose ho ancora da dirvi”, dirà, “ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future” (Gv 16, 12-13).

Non capiscono, ma Gesù desidera che sappiano quale sarà la loro missione sulla terra, quando Egli avrà compiuto la sua e, tornato al Padre, da lì, avrà inviato loro lo Spirito. Molte cose dovranno fare: annunciare la buona notizia e curare gli infermi, come aveva fatto Lui mentre era con loro, ma, soprattutto, dovranno amarsi tra di loro. È questo il comandamento e la missione più importante, come dice chiaramente Gesù nei versetti che ascoltiamo questa domenica nell’Eucaristia.

La parola comandamento, può forse crearci qualche difficoltà, refrattari e resistenti come siamo a qualsiasi imposizione esterna; ma qui, anche se la parola (comandamento) è tradizionale, nasconde una realtà assolutamente nuova. Primo, perché non si tratta di un qualsiasi comandamento, ma del comandamento di Gesù (“il mio comandamento”, lo chiama espressamente) e, poi, perché consiste nell’amare come il Padre ama Lui e come Lui li ha amati e continua ad amarli. Non è facile, ma, contemplando questo amore, si può provare a metterlo in pratica. La prima cosa da fare, come suggerisce Gesù, è rimanere in questo amore.

Come?

Per mezzo della preghiera che, come insegna Santa Teresa di Gesù, non è altro, che “stare molto spesso da soli con chi sappiamo che ci ama” (Vita 8, 5). Questo, vuol dire il Signore quando chiede ai suoi discepoli di rimanere nel suo amore. Lo aveva già detto parlando di sé come vite e dei discepoli come tralci. “Io sono la vite, voi i tralci”, aveva detto. “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto” (Gv 15, 5). La missione che affida loro, anche se molto difficile, non deve spaventarli, perché si tratta di seguire Gesù e lasciarsi guidare dallo stesso Spirito che condusse Lui dal deserto delle prime tentazioni fino al Calvario e alla Risurrezione.

Anche di questa [la Risurrezione] non riescono a comprendere nulla, ma gli incontri con il Risuscitato li colmeranno di gioia, e lo Spirito li illuminerà sul valore della sua crocifissione. Per questo, adesso Gesù dice loro: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi, e la vostra gioia sia piena”. La gioia di amarsi gli uni gli altri come li ha amati Lui nella luce della sua consegna totale per il bene di tutti. Quando giungerà lo Spirito, infatti, capiranno che Gesù è morto per amore, donando la sua vita per loro e per tutti, come amico fedele.

Lo dice loro in quella notte, e continua a dirlo a noi attraverso il Vangelo letto con fede. “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi”. E, come non era stato Israele ad eleggere il suo Dio, ma era stato il Signore che aveva voluto esserlo [Dio di Israele], così non siamo noi che eleggiamo il Figlio di Dio come nostro amico (come, dopo tutto, potremmo osarlo?), ma è Lui che lo ha desiderato. È Lui che ci ha eletti come fratelli e amici destinandoci ad andare, a nostra volta, e a dare frutto. E affinché non dimentichiamo la missione principale, “questo vi comando”, conclude, “che via amiate gli uni gli altri”.

Come si può vedere chiaramente – nel pensiero di Gesù – essere suoi discepoli non avviene nelle molte preghiere [a meno che non siamo chiamati, come i monaci sul monte, a questa attività specifica], ma nella preghiera, che è un “rimanere nell’Amore”, che si dimostra nell’amore fraterno.

Lo scrive più chiaramente lo stesso autore del quarto Vangelo nella prima delle sue tre lettere con queste parole veramente categoriche: “Carissimi, se Dio ci ha amati così [inviando suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati], anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi” (1Gv 4, 11-12).



Come si vede, il permanere di Dio in noi si realizza quando noi rimaniamo nel suo amore che ci spinge verso i nostri fratelli.ici